lunedì 13 dicembre 2010

mercoledì 8 dicembre 2010

Siete pronti per una lunghissima full-immersion nella Roma, sempre più violenta, controllata dalla Banda? Allora senza tirarla per le lunghe, cominciamo subito!

Il Freddo viene arrestato per l'omicidio di Remo Gemito, dopo essere stato riconosciuto da un testimone oculare.
Il boss della Banda viene però presto scagionato, quando il testimone in questione ritratta la sua versione e quando la sua ex, Roberta, si presenta in commissariato per fornirgli un alibi.

Scialoja però non tarda a "vendicarsi": incrimina infatti il fratello del Freddo, Gigio, sorpreso a spacciare pochi grammi di eroina.
Infuriato il Freddo tenta di farsi arrestare nuovamente, assalendo verbalmente (e non solo) Scialoja, ma il "nuovo" cinismo del Commissario non tarda a manifestarsi: il poliziotto infatti non sbatte dentro il criminale per qualche insulto veniale bensì lo provoca, dicendogli che la Banda aveva ormai parecchi nemici dentro le sbarre e non sarebbero tardare delle incontrollabili ritorsioni contro Gigio.
L'unico modo che ha il Freddo di salvare il fratello è consegnargli la banda, ipotesi ovviamente non presa in considerazione.


Gli sciacalli non tardano ad arrivare... il latitante Maurizio Gemito, il principale indiziato per la morta del Libanese, chiama il Freddo per ricattarlo: se la Banda non si scorda di lui, Gigio in carcere farà una brutta fine.
Il Gemito, reso ancor più prudente dalla morte del fratello, non scherza: quella notte stessa Gigio viene preso brutalmente a botte in carcere, tuttavia la Banda continua nella ricerca del killer del loro capo e da una soffiata vengono a sapere di un nascondiglio alla Bufalotta dove il Gemito si è rifugiato, ma l'informazione si rivela inesatta e la Banda fa secca, per errore, una coppia di coniugi totalmente estranei alle vicende.


All'indomani del pestaggio, Gigio viene rilasciato. Il ragazzo si è lasciato convincere da Scialoja ad uscire con un registratore addosso, nella speranza di incastrare il Freddo... ma questi è scaltro e scopre ben presto quel che il fratellino stava tramando alle sue spalle. Non si può dire che la prenda bene: nonostante Gigio provi a spiegargli il perchè delle sue azioni (il principale movente era la paura, dato che Scialoja gli aveva fatto intuire che sarebbero tornati, notte dopo notte, per fare anche di peggio), lui gli rinfaccia il tradimento, e lo rinnega come fratello. Il Freddo è sempre più solo.

Vi dirò: la mia è una mera opinione personale, ed è esclusivamente quella di un fan della serie; non sono un critico specializzato, tanto meno uno sceneggiatore, ma la caratterizzazione del Freddo, in questa seconda stagione, non mi sta entusiasmando.
Appare ovvia la necessità di creare un dualismo tra i due vertici della Banda, il Freddo ed il Dandi ed esasperarne le differenze, accentuandone le contrapposizioni. Ma talvolta pare si dimentichi che il Freddo è, esattamente come il Dandi, un criminale. Un antieroe per eccellenza, mentre qui viene dipinto come un ragazzo sconvolto dal tradimento del fratello, sempre pronto a pensare al bene degli altri... insomma, sembra quasi che venga dimenticato che era uno che si guadagnava da vivere smerciando droga ed uccidendo altre persone.
Ad ogni modo, consentitemi un altro excursus di stampo "personale": la scena in cui il Freddo, dopo aver preso il registratore dalle mani del fratello lo va a riconsegnare, con sdegno, a Scialoja, fuori al Commissariato, l'ho vista... in diretta, essendo presente nella stessa zona, all'Esquilino, al momento delle riprese. Lasciatemi dire che, pur non conoscendo l'ammontare degli stipendi degli attori della serie, posso affermare che la pagnotta, questi ragazzi.... se la sudano, perchè indossare giacche di pelle e pullover a collo alto, nell'estate più afosa degli ultimi cinquant'anni, merita un encomio! Le riprese avvenivano infatti durante lo scorso luglio, e vi posso assicurare che il caldo a Roma era intollerabile anche indossando soltanto t-shirt e pantaloncini...!


Torniamo a noi. Nel frattempo il Dandi indaga sul trafugamento di alcuni beni del Libanese: infatti dopo aver fatto predisporre una "pulizia" della precedente magione del Boss, scopre che il parco-auto del Libanese è stato fatto sparire.
Poche indagini e si scopre che il responsabile è il padre del Libanese, Renato Proietti, un buono a nulla che aveva lasciato la famiglia vent'anni prima. Dandi lo scova e, sotto la minaccia della pistola, gli intima di riportargli un auto che apparteneva al Libanese, nella fatti specie una Mini di colore blu.


La richiesta sorprende anche il "sor" Renato, la Mini era l'auto di meno valore tra quelle che appartenevano al figlio, ma per Dandi ha un significato simbolico: quell'auto la regalò il Terribile ad un giovane Dandi quando questi, preso d'inganno, gli diede l'informazione di dove si trovasse il Libanese.
Quando il Terribile scovò il Libanese, lo sfregiò sul braccio con un coltello mentre gli fece violentare la fidanzata da Maurizio Gemito.
A seguito di quell'episodio, preso dal senso di colpa, il Dandi regalò l'auto all'amico senza però rivelargli la reale provenienza di quel regalo. Riavuta l'auto, il Dandi la porta sul ciglio di un dirupo, per poi lasciarla cadere: un modo per tentare di chiudere un capitolo della sua vita del quale non era fiero.


Dopo la morte del Libanese, anche il Sardo, il collegamento tra la Banda e la camorra napoletana per l'importazione di coca nella capitale, torna a rialzare la cresta: in un colloquio con Freddo e Dandi, il Sardo comincia a reclamare, se non a pretendere, la "zona" che prima era sotto il diretto controllo del Libanese, vale a dire Trastevere.
I due leader rifiutano di sottostare alla richiesta del Sardo quando scoprono che questi, senza informarli dei suoi movimenti, aveva già cominciato a piazzare, nella zona stessa, dei suoi uomini a gestire lo spaccio. Vedersi negata la richiesta fa imbufalire il Sardo, ancor più quando il Freddo, in totale autonomia. decide di affidare quella zona ad una "new entry" della serie, Donatella, la donna di Nembo Kid.



La ragazza gestiva già il commercio della droga nella zona di Latina, ed era stata proprio lei a vendere l'eroina a Gigio. Con molta fierezza, era andata a confessare quanto aveva fatto al Freddo, spiegandogli comunque che non sapeva che Gigio fosse suo fratello, e soprattutto che se suo il "adorato fratellino" era un tossicomane, non poteva certo prendersela con chi gli avrebbe venduto la droga.
Il gesto della banda è apprezzato da Nembo Kid che come "dono" rivela alla Banda l'esatta ubicazione del nascondiglio di Maurizio Gemito.
Ma chi aveva dato questa informazione a Nembo Kid?
Ancora una volta, a tessere le fila della trama ci sono il Vecchio ed il suo dipartimento dei Servizi Segreti: siamo infatti nei giorni successivi alla scoperta dell'elenco di nomi appartententi alla loggia massonica "P2", tra cui presumibilmente figura il nome stesso del Vecchio o di qualcuno dei suoi compari. Il Vecchio ritiene sia giunto il momento di "sfoltire un po' l'agenda", il che mi lascia presupporre che nella grande scacchiera orchestrata dal Vecchio stesso, il Gemito era diventato ormai una pedina sacrificabile, e soprattutto occorresse un'azione che destabilizzasse un po' l'establishment, quanto meno dirottare l'attenzione dell'opinione pubblica verso un grave fatto di cronaca piuttosto che sulla vicenda P2.
Non so a voi, ma a me questo modus operandi ricorda qualcosa... :)


L'agguato viene quindi organizzato: a partecipare saranno il Bufalo, Ricotta ed il Dandi.
Ma sorge subito un problema: quando scovano il Gemito, il Bufalo, che definire irrequieto è ormai un eufemismo, dimentica di trovarsi in una borgata romana e si convince di essere in una zona di guerra, cominciando a fare fuoco col mitra all'impazzata e terrorizzando la popolazione.




Riesce a ferire gravemente il Gemito ma questi, prima di cadere, riesce a ferire di striscio il Bufalo, e Ricotta ad una gamba.
Il fracasso fa si che in pochi minuti non tardino ad arrivare le Forze dell'Ordine.
A quel punto il Bufalo chiama a gran voce il Dandi: questi era infatti deputato ad un'azione di copertura e fuga, una volta esauritosi il compito.
Ma il Dandi vede arrivare le volanti della Polizia e, tra lo stupore di Ricotta ed il furore del Bufalo, pensa bene di dileguarsi.
Una volta solo, lo specchio riflette l'immagine della sua coscienza, che assume le fattezze del Libanese. Le parole sono drastiche: "E' brutto scoprire cosa sei veramente?"

In maniera rocambolesca, ed ai limiti dell'incredibile, il Bufalo riesce a fuggire e trovare riparo a casa di Scrocchiazeppi.
Se prima il ragazzo era ossessionato dall'idea di vendicare il Libanese, adesso una nuova ossessione comincia ad animarlo: fare la pelle al Dandi, reo della più infame delle azioni: aver tradito dei membri della Banda.
Il Freddo pone subito l'alt all'azione di vendetta del Bufalo, che comporterebbe praticamente la fine certa della Banda.
Innanzitutto ascolta la versione del Dandi, che si giustifica dicendo che gli era impossibile intervenire dato l'arrivo, in numero massiccio, delle forze di Polizia.
Il Freddo, parlando a nome della Banda, sospende il giudizio sulla vicenda, almeno fino a quando non sarà possibile ascoltare l'intervento chiarificatore di Ricotta, che nel frattempo è stato arrestato.


Nel frattempo Scialoja continua a proseguire le sue indagini sulla Banda.
Il "nuovo" Scialoja è molto più disposto ad accettare i compromessi, tant'è che va a chiedere la collaborazione di un collega della Narcotici col quale si era sempre cordialmente e reciprocamente detestato, Rizzo.
I motivi dell'antipatia tra Rizzo e Scialoja sono dovute ai loro caratteri in antitesi: Rizzo è un poliziotto carrierista, uno che è bravo a fare il suo lavoro ma non tollera intromissioni anche laddove potrebbero portare a risultati positivi; il raggiungimento del prestigio personale è forse più importante, per lui, di una più efficace azione di lotta alla criminalità.
Scialoja al contrario è un poliziotto più aziendalista, poco interessato alle promozioni e gli encomi pubblici, bensì un "uomo in missione".
Altra cosa che li allontanava, è la "simpatia", o meglio, l'ampiezza di vedute con la quale Scialoja giudicava i movimenti di protesta studentesca, nati in quegli stessi anni.
Non va dimenticato il contesto storico: erano gli anni in cui la protesta hippie (che aveva comunque soltanto "sfiorato" l'Italia, almeno rispetto ad altri paesi) e la filosofia del "Peace&Love" andavano sfiorendo a favore in un altro tipo di protesta, più aggressiva, più estrema, più violenta e più politicizzata.
Sono gli anni dei gruppi sovversivi neofascisti, gli anni in cui le Brigate Rosse insaguinavano l'Italia.
In una città come Roma, specie poi all'indomani del delitto Moro, il "nemico pubblico numero uno" per la Polizia non era tanto la criminalità organizzata (specie perchè, nella fiction, fino a quel momento Scialoja era stato l'unico a vedere quanto la criminalità romana si fosse evoluta, l'unico a comprendere pienamente la portata del fenomeno "banda della Magliana") quanto i gruppi terroristici di estrema sinistra e/o destra.
Scialoja era stato bollato, da Rizzo, come il "poliziotto comunista" che in quel contesto storico era praticamente un ossimoro.
Nella prima stagione della serie abbiamo visto uno Scialoja intento a collaborare nella misura minore possibile, con Rizzo.
Ma adesso il Commissario ha elementi indiziari che gli fanno capire che dietro la Banda ci sono interessi più grandi di quelli che aveva inizialmente intuito: c'è la fitta rete di collaborazione con altre cosche malavitose del Meridione, nonchè l'ombra di apparati che dovrebbero agire nell'interesse dello Stato ma che invece supportano e talvolta usano l'azione della Banda.
La motivazione più alta fa optare il Commissario per la strada del compromesso: Rizzo l'avrebbe aiutato nelle indagini, per dei pedinamenti a tappeto dei vari membri della Banda, ed in cambio Scialoja avrebbe diviso con lui meriti ed onori dell'indagine.


I pedinamenti vengono però scoperti in breve tempo dalla Banda che evita passi falsi ma si trova in difficoltà nella gestione degli affari, anche per azioni semplici come fare il giro di "raccolta" dei proventi dello spaccio dai pusher che operano capillarmente per loro.
Il Freddo trova presto la soluzione: sarà Donatella, che essendo l'ultima arrivata non è sotto osservazione, a compiere questo lavoro.
La cosa fa storcere il naso ad alcuni membri della Banda, in primis a Ruggero Buffoni che trova inappropriato affidare un compito simile ad una persona semisconosciuta, e perdipiù "donna".
Il Freddo, per zittirlo, da al Buffoni il compito di prelevare poi il contante da Donatella, soldi che sono già destinati all'acquisto di una partita di coca dal Sardo.
Tutto sembra svolgersi secondo i piani, ma il giorno dopo Trentadenari informa che i soldi non sono mai arrivati: Buffoni infatti dice di essere stato rapinato subito dopo che Donatella gli ha consegnato la valigia, ed accusa la donna di avergli teso un'imboscata.
L'accusa è falsa, e la verità viene presto a galla: Ruggero dopo aver ricevuto la borsa contentente il malloppo, invece di recarsi prontamente a destinazione, aveva deciso di concedersi una "sosta di piacere" con un trans, ed era stato derubato dai compari di questo/a. I soldi vengono quindi recuperati, e la figura di Donatella riabilitata (memorabile invece la figura di tolla fatta dal Buffoni!) mentre sugli sventurati rapinatori non tarda ad attuarsi la vendetta della Banda: il Freddo uccide lapidariamente i due rapinatori, mentre risparmia la vita al trans soltanto affinchè riporti, negli ambienti della strada, il suo messaggio: "la Banda non si tocca", le cose non sono cambiate con la morte del Libanese.




Intanto Maurizio Gemito, reduce da un difficile decorso post-operatorio in seguito alle ferite gravi riportate nell'agguato tesogli dalla Banda, si risveglia e pare accettare l'offerta di protezione di Scialoja in cambio di testimonianze sull'operato della Banda.



Ma l'unica cosa che riesce a rivelare al Commissario è che lui e suo fratello non sono i responsabili dell'omicidio del Libanese.
Poco tempo dopo, mentre Scialoja si affannava ad organizzare il suo trasferimento in un luogo più sicuro, Maurizio Gemito viene raggiunto in ospedale dal Nero, inviato lì dalla mafia dietro richiesta del Dandi (che doveva "finire" l'opera di vendetta del Libanese per riabilitarsi, agli occhi della Banda, del "tradimento" ai danni di Bufalo e Ricotta).
Il Nero si introduce nella camera di Maurizio Gemito, travestito da infermiere e pone fine alle sue sofferenze, facendogli fare un volo di cinque piani dalla finestra della sua stanza.
Potrà interessare a pochi, o a nessuno, ma ho visto questa puntata, in differita, nello stesso giorno in cui a Roma, decideva di porre fine alla sua vita, quasi in maniera identica, il grande regista Mario Monicelli. Quando si dice i casi della vita (o della morte), no..?


Maurizio Gemito morto, ed i pedinamenti che non danno alcun risultato significativo: è un brutto momento per Scialoja tant'è che Rizzo, vista la mancanza di risultati, ritira i suoi uomini dalle operazioni di pedinamento. Scialoja sembra tornare a non avere nulla di concreto in mano ma poi scopre che in una delle foto sono ritratti, fuori dal bordello gestito da Patrizia, gli agenti Zeta e Pigreco.
C'è una nuova pista ed un nuovo collegamento concreto dal quale ripartire.
Quasi contemporaneamente, Zeta e Pigreco consegnano al Vecchio i veri risultati dell'esame del guanto di paraffina, che aveva dato esito negativo.... Maurizio Gemito non mentiva quando affermava la sua estraneità all'omicidio del Libanese.
Ma allora chi è stato? Forse i servizi segreti stessi?


Dandi va ad informare il Freddo che la vendetta si è finalmente compiuta, constatando il disappunto del Freddo quando apprende che non è avvenuta per mano di uno della Banda. Quando poi sta tornando a casa, insieme con Patrizia, il Dandi trova sotto casa ad aspettarlo, il Bufalo.




E' la resa dei conti, il Bufalo mira, spara... e fa cilecca, indebolito com'è dalla ferita malcurata e purulenta che si porta dietro dal giorno dell'agguato a Maurizio Gemito.
Il Dandi allora lo disarma e comincia a pestarlo con rabbia, lasciandolo poi moribondo sul selciato.

Tra l'episodio 3 ed il 4 intercorre un indefinito lasso di tempo che però è una sorta di “avanti veloce” (o “flashforward”... per rimanere in tema) e ce ne accorgiamo principalmente da qualche cambiamento nel look dei personaggi: Scialoja si taglia i mustacchi che facevano tanto “compagno” e scorcia un po' la capigliatura, mentre c'è un notevole cambiamento nell'abbigliamento, e nell'atteggiamento del Dandi, sopravvissuto all'agguato tesogli dal Bufalo.
Ora il boss è molto più curato, elegante, meno ragazzino e più borghese.
Ma fatto questo preludio, torniamo all'analisi.


Scialoja irrompe coi suoi uomini nel bordello gestito da Patrizia, e nel suo blitz scova Zeta e Pigreco in una stanza, a loro riservata, intendi a filmare un cliente, nella fattispecie un deputato parlamentare, impegnato in giochi sadomaso con una delle ragazze della casa.
Gli agenti segreti, le prostitute ed anche Patrizia vengono arrestati, col magistrato Borgia che si raccomanda a Scialoja, ancora preso emotivamente dalla donna, di non seguitare a proteggerla.




Il blitz di Scialoja viene reso vano dalle trame occulte del Vecchio che tramite un altro dei suoi agenti riesce a far scagionare Zeta e Pigreco dalle accuse di ricatto ed estorsione, convincendo la prostituta impegnata con l'Onorevole a ritrattare la sua versione iniziale e dire che i due uomini la filmavano con la piena consapevolezza sua e dell'Onorevole (che ovviamente approva questa versione dei fatti per sgonfiare il caso con meno clamore possibile) anzi, sotto richiesta stessa dell'Onorevole.
Il Vecchio comunque, dopo averli tirati fuori di galera, scarica Zeta e Pigreco congendandoli “per il troppo stress” a tempo indefinito.
Il nuovo agente che li sostituisce, è una figura interessante: non compare nel film, né tanto meno nel libro, ma mi da l'idea di essere ispirato a Stalin Rossetti, un personaggio che appare in quello che è il meno noto seguito di “Romanzo Criminale”, vale a dire “Nelle mani giuste”. In quel libro, Rossetti è rappresentato come il leader dell'ormai sciolta squadra “Catena”, vale a dire una “Gladio” ancor più clandestina, che risponde agli ordini diretti del Vecchio.
Nella serie, fino ad ora, non è stato rivelato il suo nome, ma chissà...!


La Banda nel frattempo continua ad avere problemi col Sardo: questi infatti doveva consegnare una partita di coca ma invece ha intascato quanto pattuito senza consegnare la merce, ribadendo che pretende di avere la zona del Libanese, e “stecca” doppia.
Il Freddo chiama la banda a rapporto e qui c'è un primo contrasto col Dandi: quest'ultimo dice che affidare Trastevere al Sardo e toglierla a Donatella sarebbe una soluzione indolore e che invece dovrebbero preoccuparsi della sua donna che sta in galera, ma il Freddo rifiuta di cedere al ricatto del Sardo, e dice a Dandi di pazientare e di non muovere un dito contro Scialoja (che Dandi aveva proposto di far secco) altrimenti avrebbero avuto ancora di più il fiato degli sbirri addosso.


Il resto della Banda sembra però parteggiare sempre più per la linea d'azione proposta dal Dandi: vale la pena dichiarare guerra al Sardo, che peraltro è protettissimo in un bunker sorvegliato da decine di uomini armati, solo per negargli una zona che è stata affidata all'ultima arrivata?
Tanto più che una tragica fatalità sembra succedere apposta per risolvere i problemi della Banda: Nembo Kid, l'uomo di Donatella, inviato a Milano da Zio Carlo per un'opera di intimidazione nei confronti di un banchiere, viene ucciso da una guardia giurata subito dopo aver gambizzato il suo bersaglio.
Quindi adesso, a togliere Trastevere dal controllo di Donatella, non si rischia neanche di far risentire Nembo Kid, e di riflesso la mafia.



L'agguato in cui perde la morte Nembo Kid, è ispirato ad un reale fatto di cronaca: la gambizzazione di Roberto Rosone, allora vicepresidente del Banco Ambrosiano, nella quale perse la vita Danilo Abbruciati, detto “Er Camaleonte”.
Mentre Nembo Kid è sempre stato una figura di contorno nella serie, nonché totalmente assente nel film, Abbruciati è stato una figura molto importante nella storia della Banda della Magliana, leader della fazione dei “Testaccini”, dal loro quartiere di appartenenza, per l'appunto Testaccio.


Il Dandi va a chiedere consiglio a Zio Carlo su come comportarsi con Patrizia, che gli dice che converrebbe lasciarla perdere e trovarsi una donna più “consona” alla figura di un Boss. Rimasto solo, il Dandi deve di nuovo fronteggiare la sua coscienza che, anche stavolta, assume le fattezze del Libanese: questi gli chiede se dopo aver scaricato la sua donna, la prossima volta sacrificherà anche qualcuno della Banda, se la Mafia starà lì a chiederglielo.
Il Dandi, che evidentemente non è scaramantico, distrugge lo specchio per allontanare il “fantasma” ma poi, nei fatti, si comporta come il Libanese aveva predetto, non facendo nulla di concreto per favorire la scarcerazione di Patrizia.
Scarcerazione che avviene comunque quando, dopo un colloquio privato, Scialoja la informa che l'avrebbe rilasciata perchè pur potendola trattenere con l'accusa di favoreggiamento della prostituzione, sapeva che comunque non avrebbe spifferato alcunchè riguardo il coinvolgimento del Dandi e della Banda in generale.


Intanto il Sardo incontra il Dandi e gli formula una proposta: lui l'avrebbe appoggiato come unico leader della Banda ed in cambio il Dandi avrebbe acconsentito alla sua richiesta di controllare la zona di Trastevere. Il Freddo, che non avrebbe mai accettato l'accordo, sarebbe stato fatto fuori.




Il Dandi pare acconsentire ed organizza un meeting/agguato col Freddo stesso, alla villa bunker dove il Sardo passava la sua latitanza, ancora una volta il Sardo ripropone le sue condizioni ed ancora una volta il Freddo rifiuta ma a quel punto il Dandi estrae la pistola e la punta contro l'amico... per poi rivolgerla al Sardo e farlo fuori all'istante con un paio di colpi, mentre il resto della Banda interviene, a sorpresa del Freddo, per neutralizzare la manovalanza armata agli ordini del Sardo.



Il Freddo è basito, ma anche felicemente stupito: era ignaro delle manovre del Dandi ma questi gli ha comunque salvato la vita.
Il Dandi gli dice di non considerarlo un favore personale, l'ha fatto per salvare la Banda, dimostrando quindi ancora un certo attaccamento.
Indica però al Freddo che la prossima mossa spetta a lui: tutta la Banda si è mossa per salvarlo, ma tutti i componenti sono d'accordo che Donatella deve essere rimossa dal controllare la zona di Trastevere.


Il Freddo capisce l'antifona ed agisce in tal senso. Quando glie lo comunica, Donatella reagisce con disprezzo dicendogli che se non era capace di affermare la sua autorità coi suoi compari allora chiaramente non è lui il Capo della Banda.


Intanto Patrizia esce dal carcere.
E' il 18 giugno del 1982, e nelle stesse ore, il Vecchio “apprende” alla televisione del “suicidio” di Roberto Calvi, trovato impiccato a Londra presso il Black Friars Bridge.
Il Dandi va a prendere Patrizia all'uscita del penitenziario, ma questa gli frega l'auto e si reca a casa di Scialoja, con la quale va poi a passare una notte di passione in un motel.



Al risveglio, Scialoja però si ritrova da solo, ma Patrizia gli ha lasciato un biglietto che tra le altre cose reca scritto: “Se vuoi trovare il Dandi, cerca a Via dei Marsi 12”.
Cosa ci sarà mai?


Nell'attesa vi dico che il vostro qui presente redattore, vivendo nella zona di San Lorenzo, è andato a controllare di persona (quando si dice “essere sul pezzo” :D ) ma non c'ha trovato nulla se non qualche pub! Ed il Dandi mi sembra anche di gusti troppo raffinati per frequentare i pub di San Lorenzo... !


Voi cosa ne pensate? E' l'ennesimo bluff di Patrizia?
E soprattutto, come giudicate questa seconda stagione di “Romanzo Criminale”?
Vi sembra all'altezza della prima? E soprattutto... siete arrivati a leggere fino in fondo???


Aspetto le vostre opinioni!

lunedì 6 dicembre 2010

Francesco Montanari, da Romanzo Criminale al teatro.

Francesco Montanari, meglio noto al grande pubblico come il Libanese di "Romanzo Criminale" ritorna al primo amore, il teatro.
Sarà infatti presente al Teatro dell'Angelo di Roma con lo spettacolo "Killer Joe" dal 7 a al 17 dicembre (se vi interessa, affrettatevi a prenotare, l'anno scorso lo show ha registrato il sold-out per tutte le sere) . Dal 18 dicembre invece sarà impegnato con "Piccoli Equivoci", con la regia di Claudio Bigagli, dapprima a Narni poi in tournè nel resto d'Italia.

Fonte: ANSA

Romanzo Criminale - LA SERIE: Trailer Esteso

Il video non è poi tanto recente, ma magari chi di voi non ha ancora visionato la serie questione potrà..... stuzzicarsi l'appetito! ;)




Di seguito, la versione ridotta dello stesso trailer:

martedì 30 novembre 2010

"Romanzo Criminale - La Serie" - Seconda Stagione: note Episodio 01

Un flashback ci riporta  a 15-20 anni prima degli eventi narrati.
Un giovane Libanese, accompagnato da un altrettanto giovane, e paciosissimo, Dandi, salva il coetaneo Bufalo dalle angherie di un bullo più grande.


E' la nascita di un'amicizia, nonchè le fondamenta di quella che poi diventerà la Banda.
Ma è anche un'inesattezza storica: il Bufano è ispirato alla figura di Marcello Colafigli, detto "Marcellone" che effettivamente apparteneva, sin dalle origini, alla batteria della Magliana  mentre il Libanese ed il Dandi prendono spunto dalle personalità di Franco "Er Negro" Giuseppucci e Enrico De Pedis, originari, anche "professionalmente", della zona di Trastevere.
Intendiamoci: la serie, così come il romanzo, non tenta affatto di rappresentare la Storia della Banda della Magliana, tutt'altro. Sarebbe anche scorretto definirla come una versione romanzata delle vicende stesse, al più è giusto dire che si tratta di un racconto "ispirato" a quei fatti di cronaca. Ad ogni modo, qualche cenno storico non fa mai male, no? ;)

Ma torniamo al presente: il Libanese è stato ucciso, il Re di Roma è caduto.



Scialoja non perde tempo e fa immediatamente convocare in Commissiarato i vari membri dell'organizzazione criminale, per indagare sull'omicidio appena avvenuto e grazie alle discordanti versioni di alcuni degli elementi riesce parzialmente a ricomporre quanto avvenuto la sera in cui il Libanese è stato assassinato.
La maniera in cui Scialoja ricompone il mosaico dell'ultima serata del Libanese mi ha mostrato subito un Commissario diverso da quello che avevamo visto nella prima stagione di questa serie. Il Commissario sin troppo idealista ed impulsivo è stato soppiantato da un funzionario ben più capace, oserei dire quasi malizioso, abile a manovrare psicologicamente, durante i colloqui, gli anelli più deboli della Banda per ricostruire la verità partendo da frammenti parziali di essa.
Vi anticipo che questa evoluzione di Scialoja risulterà ancor più marcata in seguito, ma nel frattempo vi chiedo, avete notato anche voi questa differenza, nel corso della prima puntata?
E come la giudicate?

Quella sera, lo stesso Libano era stato impegnato in una partita di poker con altri tre compari, per l'esattezza il Ricotta, Ruggero Buffoni e Maurizio Gemito.
Proprio nei confronti del Gemito, il Libanese si era trovato con parecchi milioni di debito ma si era poi rifiutato di pagare quanto perso, umiliando pubblicamente l'ex-guardaspalle del Terribile, rinfacciandogli quanto codardo fosse stato a tradire il suo antico capo per diventare il suo "cane da guardia".
Maurizio Gemito ha quindi un movente, ed un alibi piuttosto incerto: per Scialoja diventa il principale indagato, così come lo diventa per la Banda, piuttosto decisa a farsi giustizia a modo proprio.

Ma è la Polizia ad arrivare per prima sul Gemito, scatenando la rabbia del Bufalo.
Tra i vari componenti della Banda, il Bufalo è quello che pare aver preso peggio la dipartita del Libanese: sconvolto dalla perdita di chi per lui era quasi una guida spirituale, il Bufalo comincia a diventare un cane sciolto, più di quanto lo fosse mai stato; un uomo colmo di rabbia, con un'unica ragione di vita: onorare la memoria del Libanese, vendicandolo.

Le sue reazioni esagerate si notano quando, in pieno giorno e con tantissimi testimoni presenti, va a piantare quattro pallottole nel corpo del Beato Porco, un criminale di mezza tacca nonchè un ubriacone millantatore che andava in giro vantandosi di essere colui che "aveva steso" il Libanese.
Frottole al quale nessuno aveva creduto ma di fronte allo sgomento dei suoi compari, il Bufalo sviscera il suo malumore dicendo che voleva mandare un segnale alla gente di strada: la memoria del Libanese non andava "profanata" con menzogne simili.

Ma il Bufalo non è l'unico ad avere problemi causati dalla morte del boss della Banda.
Anche il Dandi ed il Freddo ne hanno. I due erano tra i più vicini al Libanese, il primo legato da un'amicizia di lunga data, risalente all'infanzia; il secondo, unito al Libanese da un forte rispetto reciproco e da una certa unità di vedute.
Sono loro ad esser visti come "guide" dal resto della Banda adesso, ma il Freddo ed il Dandi sono due carattere diversi, ben poco legati tra loro, e le tensioni non tardano a salire.

Accade infatti che Nembo Kid, il collegamento romano tra la Banda e la mafia, ricorda al Freddo che, nonostante quanto successo, gli affari devono andare avanti e Zio Carlo, il rappresentante della mafia nella capitale, ispirato alla figura di Pippo Calò, ha bisogno di conferire con loro.
Il Freddo però rifiuta, ribandendo a Nembo Kid che l'unica priorità che la banda ha, in quel momento, è metter le mani su chi ha ucciso il Libanese.
Nembo Kid prende la risposta del Freddo come un reclamare la leadership della Banda, e va ad avvertire di ciò il Dandi.




Tra i due c'è il primo confronto: il Freddo nega di voler diventare il nuovo "capo" della Banda e Dandi pare credergli, raccontandogli peraltro che i fratelli Buffoni gli avevano proposto, prima che il Libanese venisse ucciso, di essere lui stesso a farlo fuori e prenderne il posto, visto che il Libanese ormai soffriva di manie di onnipotenza e trattava gli altri come schiavi.

Ciò fa nascere nuovi tarli: fino ad allora, avevano cercato il colpevole dell'omicidio all'esterno della Banda, ma se l'assassino fosse invece uno della Banda stessa?

Nonostante i dubbi, a seguito dell'ennesima, scellerata, azione del Bufalo che, nella volontà di voler dare al Libanese il funerale che meritava, un "funerale da Re" (a dispetto della volontà della madre che, da sempre contraria alla condotta di vita scelta dal figlio, decide per una cerimonia modesta e riservata), ne trafuga la bara; la Banda si ricompatta al ritrovo abituale, decidendo di dare il "loro" ultimo saluto al Libanese, in una sorta di cerimonia privata.



All'indomani, durante il funerale ufficiale, una terza fazione ricompare in scena, anch'essa interessata all'evolvere della situazione creata dall'attuale vuoto di potere presente all'interno della Banda.
Sono gli uomini dei Servizi Segreti (deviati?), nella fattispecie gli agenti Zeta e Pigreco, fedeli esecutori degli ordini del Vecchio.
Questi si presentano al Freddo con un "dono": l'esito dell'esame del guanto di paraffina fatto ai fratelli Remo e Maurizio Gemito.
Il risultato pare attestare la colpevolezza dei due: quella sera hanno sparato, quindi sono stati loro ad uccidere il Libanese.
I due agenti spiegano al Freddo che Scialoja avrebbe ottenuto il medesimo referto, dalla Scientifica, solo dopo qualche giorno, quanto sarebbe bastato per consentire la momentanea scarcerazione dei Gemito che, fuori dal carcere, sarebbero diventati... vulnerabili.
Sia Scialoja che gli stessi Gemito sanno che il rilascio è praticamente la loro condanna a morte, ed i due non tardano a farsi "uccelli di bosco", ma vengono ben presto intercettati in una sala di scommesse ippiche al Quarticciolo, dove stavano tentando di trovare chi li coprisse, e fornisse loro qualche arma, per organizzare la latitanza.
Il Freddo, accompagnato da Ruggero Buffoni, riesce a raggiungere Remo Gemito per poi ucciderlo a pugnalate, compiendo il primo atto della loro vendetta.

Al ritorno a casa però, un'amara sorpresa lo attende: la sua fidanzata Roberta se ne è andata, conscia che finchè non avrà adempiuto al proposito vendicativo che si è imposto, il Freddo non lascerà Roma, la Banda e quella vita.
Il Freddo adesso è solo.


Veloci considerazioni: non mi dilungherò a dire come, e quanto, la serie sia, fortunatamente, sugli alti standard qualitativi (a livello di recitazione, produzione, regia, montaggio, scenografia, etc..) che hanno contraddistinto la prima stagione perchè mi seccherebbe ripeterlo ogni episodio :) tuttavia dopo aver visto la prima puntata, vi confesso di aver tirato un sospiro di sollievo: se eccellere è difficile, ripetersi lo è ancora di più.
Fortunatamente, "Romanzo Criminale", adempie a questo compito.
Per ora il plot principale pare privilegiare il punto di vista investigativo, la domanda che porta avanti la vicenda è "chi ha ucciso il Libanese?". Sembra che la serie abbia già fornito la risposta ma, fino a quando la vendetta non sarà considerata un "capitolo chiuso", non potremo considerare esaurita la vicenda.
Difficile comunque non immaginare che ben presto l'attenzione verrà focalizzata sul crescente dualismo Dandi/Freddo. A tal proposito vi chiedo: voi per chi parteggiate? Chi è il vostro preferito?
E per utilizzare una terminologia molto cara a questo sito: voi appartenete al team-Freddo o al team-Dandi ? :)

giovedì 25 novembre 2010

ROMANZO CRIMINALE - LA SERIE: Dove eravamo rimasti

"Romanzo Criminale - La Serie", tratta dall'omonimo libro di Giancarlo De Cataldo, è stata una serie "evento", messa in onda sui canali di Sky Cinema, tra l'ottobre del 2008 ed il gennaio del 2009.
L'eccelsa qualità della produzione, la bravura degli interpreti, le accurate sceneggiature, fedeli all'originale letterario e, perchè no, l'effetto "traino" dell'ottimo film del 2005, diretto da Michele Placido, ha fatto si che la serie avesse un notevole successo, coniugando, caso fin troppo spesso raro, l'ottimo riscontro del pubblico con quello altrettanto benevole della critica che, in taluni casi, basti citare Andrea Scanzi di "La Stampa", non ha esitato a definirla "la migliore serie televisiva mai prodotta in Italia".
Con un tale successo alle spalle, non si poteva prescindere da una seconda stagione, anche perchè la prima ha raccontato solo una parte dell'epopea della Banda che ha insanguinato Roma dal finire degli anni 70, fino all'inizio degli anni 90.
Da oggi, "Romanzo Criminale - La Serie" entra a far parte della famiglia di "Lost in a Flashforward". Sarà mio l'onore di proporvi una personale, e spero dibattuta, analisi delle puntate della seconda stagione, attualmente in corso sul canale di Sky Cinema1, ogni giovedi sera.
Sono curioso di sapere in quanti tra voi lettori hanno seguito la prima stagione, e qual'è il vostro giudizio a riguardo.
Ma prima di procedere ed addentrarci negli episodi attualmente in onda, meglio fare un un tuffo nel passato (non letteralmente: Smokey, molla quella ruota, please!) e raccontare, a chi non ha avuto modo di vederlo, di CHI e di COSA parla questo... Romanzo Criminale.



Roma, fine degli anni '70.
Un fortuito incidente (la rapina di un'automobile contenente delle armi nel bagagliaio) fa incrociare le strade di Pietro Proietti, detto il Libanese, e Mario De Angelis, detto il Dandi, con quelle di Fabrizio Soleri, anche noto come il Freddo. I primi due fanno parte di una "batteria" (piccolo gruppetto criminale composto generalmente da 3-4 elementi) della Magliana, mentre il secondo è il riconosciuto leader di un'analoga crew del Testaccio. Tra il Libanese ed il Freddo il feeling è immediato e scatta subito l'idea di unire le forze per organizzare un colpo particolarmente remunerativo: il sequestro di un facoltoso nobiluomo romano col debole per le scommesse ippiche.
Il rapimento riesce e, nonostante alcune complicazioni che porteranno alla morte dell'ostaggio, la banda riesce a mettere le mani sul riscatto milionario richiesto. Cosa fare adesso?
Buona usanza della mala romana prevederebba la "stecca", ossia la suddivisione del malloppo in parti più o meno uguali tra i vari partecipanti all'azione che poi andrebbero ognuno per la loro strada fino alla prossima, incerta e comunque sporadica, collaborazione.
Ma il Libanese è un tipo ambizioso, e propone diversamente: perchè non mettersi in tasca solo una parte del riscatto ottenuto, e tenere invece il resto in una sorta di cassa comune da investire in altre attività illecite?
L'obiettivo è chiaro: fare soldi col traffico di droga, diventare sempre più potenti fino al punto di controllare ogni attività criminosa avvenga nella capitale per fare ciò che nessun altro malavitoso è mai riuscito a fare.
"Pijarse Roma".
Nasce così la più potente organizzazione criminale che abbia mai operato nella Capitale, quella che assurgerà all'onore delle cronache come "la Banda della Magliana".

"Tutti uguali, tutti gli stessi diritti" dirà il Libanese per sconfessare l'idea di un sistema piramidale come invece avviene in Sicilia con Cosa Nostra, o in Campania, a quei tempi feudo incontrastato della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Ma ben presto la sua leadership emergerà.
Sarà lui infatti il principale portavoce della Banda nelle contrattazioni con camorristi e mafiosi vari, lui il "condottiero" spietato che guiderà le repressioni armate contro coloro che non si sottometteranno alle nuove regole imposte dalla Banda. A muovere il Libanese è soprattutto lo spirito di rivalsa: il padre ha abbandonato la famiglia anni addietro, la madre si sobbarca umili lavori per sbarcare il lunario. Al Libanese la vita del delinquente da strada sta stretta, ed il suo carattere, poco incline a prostrarsi verso l'autorità (legale e non) lo mette più volte nei guai. Prima di lui, Roma non aveva un padrone, ma nell'ambiente malavitoso il nome più temuto era comunque quello del Terribile, il principale "padrone" dello spaccio, quello coi "contatti" giusti per far arrivare la "roba" alle soglie della capitale.
Le strade del Libanese e del Terribile si erano già incrociate in passato, quando per vendicarsi di un furto di un auto, il Terribile sfregiò un braccio del Libanese con un coltello e fece violentare la sua ragazza di allora dai suoi sicari, i fratelli Gemito.
Fatto fuori il Terribile, il Libanese diventò nell'immaginario collettivo della mala (e non solo), il nuovo padrone di Roma anzi... il Re di Roma.
Diversa la storia del Freddo. Anche lui con i suoi problemi familiari (un padre che tradisce la moglie e viene scoperto dal giovane Freddo). anche lui avviatosi alla vita di strada perchè guadagnare soldi con furti e rapine era più facile, e remunerativo, che trovarsi un lavoro onesto. Anche lui spietato esecutore contro coloro che si mettono contro la Banda. Ma il Freddo è un delinquente più idealistico: meno interessato al potere del Libanese, odia l'idea di compromettere la "purezza" della Banda tramite accordi con la mafia, i servizi segreti o chicchesia. Per il Freddo, nel momento in cui devi agli altri qualcosa, fosse anche solo un "favore", hai perso la tua libertà. E' quello al quale pare pesare, più di tutti, la vita criminale. Non a caso si innamora di Roberta, una brava ragazza totalmente estranea al suo mondo al quale inizialmente mentirà per nascondergli le sue vere attività.
Il terzo elemento di spicco della banda è il Dandi.
Il Dandi inizialmente non è un malavitoso con un'ambizione sfrenata come il Libanese, tanto meno un assassino anticonformista con sprazzi di cuore tenero come il Freddo.
Il Dandi è un gagliardo giovanotto, spregiudicato ed amorale quanto basta per essere un delinquente, al quale piacciono i soldi, il lusso e le donne. O meglio: al quale piace avere i soldi per comprare le altre due cose, beni di lusso e donne.
Il Dandi si innamora di Patrizia, all'anagrafe Cinzia Vallesi, una prostituta dell'Esquilino.
Si innamora come uno come lui può innamorarsi: di un amore possessivo e limitante, elevando la giovane da prostituta a maitresse di un bordello di lusso ma facendola rimanere prostituna nell'animo con il continuo, incessante, comprarla.
Di Patrizia è innamorato anche il commissario Nicola Scialoja.
Idealista, poco avvezzo alle logiche del Palazzo ed i giochi di potere, Scialoja entra prepontemente nella nostra storia in quanto sarà il principale antagonista della Banda, capace di decrittarne l'organigramma e le manovre quando negli altri uffici della Polizia si levavano grasse risate all'idea che le miserevoli bande dei vari quartieri romani si fossero conglomerate in un sistema di malavita organizzata sull'esempio della mafia e della camorra.

L'ascesa della banda è rapida e veloce. In tempi in cui, l'emblema del criminale romano era ancora quello del Rugantino, "svelto co'le parole e cor cortello", quelli della Magliana si fanno largo e mettono a zittire le voci contrastanti a colpi di mitra. Ma si sa che il troppo storpia.
Per avere il controllo del traffico di droga nella Capitale, la Banda deve stringere alleanze sia con la camorra, che con la mafia.
Anche i servizi segreti deviati si interessano alle gesta della Banda, comprandone talvolta determinati servigi in cambio di una occulta protezione. Questo doppio filo con la parte più "oscura" dello Stato farà si che la Banda reciterà, seppur con un ruolo da comprimario, una parte in alcuni importanti avvenimenti italiani come il sequestro Moro o la strage alla stazione di Bologna.
Denaro pioverà a fiumi su quelli che una volta erano i componenti delle batterie della Magliana e Testaccio. Fiumi di denaro, sperperato in fiumi di coca, alcol, gioco, belle auto, e lusso più sfrenato.
Vizi che richiedono sempre più denaro di quanto ne hai in tasca. La coesione della banda comincia così a sgretolarsi, quando è all'apice del successo.
Il Freddo, il più intollerante ai vari patti ed alleanze con forze esterne, deciderà di lasciare la Banda, per rifarsi una vita in Brasile con Roberta.
Il Dandi, fomentato da varie influenze, esterne ed interne alla banda, comincia a coltivare ambizioni da leader, ma il ruolo è saldamente coperto dal Libanese.
Il Libanese, infine, è ormai preda di paranoie e di un'acuta megalomania.
Una notte, dopo una partita a poker persa, si rifiuta di pagare ed umilia pubblicamente Maurizio Gemito (l'ex-sicario del Terribile, da lui stesso in precedenza tradito e "venduto" alla Banda), convinto che uno come lui, il Re di Roma, sia ormai un intoccabile.
Quella notte stessa, il Libanese viene ucciso a colpi di pistola sotto l'abitazione della madre.
Si dice che quando un Re cade, la terra trema. (Bella frase vero? L'ho fregata alla tagline di Sky)
Quella sera, intorno al corpo del Libanese, circondato da poliziotti ed agenti della Scientifica, la banda si riunisce. Vedere il corpo esanime del loro amico, del loro capo, fa desistere il Freddo dai propositi di andar via, distoglie il Dandi dai suoi pensieri di mettersi in autonomia, riavvicina più parti che si andavano, lentamente ma inesorabilmente, allontanando.
La Banda è di nuovo unita ed ha un nuovo scopo. La vendetta.

P.S.
OK, non è stato esattamente un "Tutto LOST in 8 minuti e 15 secondi", ma un incipit che descrivesse quanto successo nella prima stagione, prima di cominciare con le recensioni degli episodi della seconda serie, mi sembrava doveroso!
Stay tuned!